29 dic 2010

Henry H. Bashford



Augustus Carp.
L’autobiografia di un vero gentiluomo.




Per la prima volta tradotto in Italia, questo romanzo del 1924 è un vero spasso. L’autore, Sir Henry Howarth Bashford, fu medico onorario di re Giorgio VI, studioso e, pare, autore di varie pubblicazioni più o meno scientifiche ma di un unico formidabile romanzo.
Vi si racconta l’immaginaria vita narrata da se medesimo di Augustus Carp, un cristiano devoto fanatico e terribilmente ridicolo, borioso e compunto, che pretende di insegnare all’universo mondo l’alfabeto etico del vivere e lo fa prendendosi così sul serio da strappare al lettore risate di un’allegria tutta speciale – quella rarissima che può suscitare il puro divertimento coniugato alla eccellente performance espressiva.
Perché la paradossale raffinatezza stilistica con cui l’autore prende in giro la sua voce narrante mentre essa dispensa sentenze quasi sempre di condanna tranne quelle che riguardano lui e il suo parimenti ridicolo papà costituisce un vero capolavoro di scrittura. Ne deriva una raffigurazione - di ineguagliabile comicità e ludica lucidità analitica - della bêtise dal di dentro di un personaggio che pretende invece di ergersi a giudice dell’umanità. La satira-kamikaze di un io narrante è esercizio che possono permettersi solo i grandi. Be’, Henry H. Bashford un grande lo è. Si aggiornino i manuali perché non solo questo romanzo rientra a pieno titolo nella stupenda tradizione dell’umorismo inglese, ma dovrebbe essere riconosciuto come uno dei suoi momenti più alti. Specie dentro il genere particolare della deadpan comedy - ne parla Anthony Burgess nel piccolo scritto che accompagna il testo: si tratta dell’umorismo impassibile che scaturisce da chi ostenta controllo ferreo delle proprie emozioni e inossidabilità delle proprie cervellotiche convinzioni e non si rende conto che proprio questa affettazione lo rende ridicolo. Sta lì la forza del libro: mentre l’ipocrita e arcibigotto Augustus Carp racconta la sua vita, tracciando dal suo paranoico punto di vista – linguisticamente corretto e abbottonatissimo ma nello stesso tempo involuto e concettoso – i confini del bene e del male, in realtà è il lettore che ride alle sue spalle, spianata com’è davanti a lui una mappatura dell’umano che avrebbe fatto sbellicare Flaubert.







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