21 mar 2010

Alcofribas 4 - Walter Cairo


Walter  Cairo
Memorie sregolate
Fru Fru Editore   Pag. 199   Euro 14,50


Personaggi flessuosi, mutanti, inafferrabili, capaci di immedesimarsi in chiunque purché feroce, carogna e malandrino. Sono tre amici, aspiranti attori, segaioli e pronti a tutto pur di sfondare, sedurre e restare sulla scena, i protagonisti del nuovo romanzo di Walter Cairo, Memorie sregolate. Cairo, è noto, cambia pelle a ogni libro. Questo gli viene rimproverato come un limite (di personalità, di credibilità) da alcuni; gli viene riconosciuto come un merito (un segno di coraggio, di ricerca inesausta) da altri. Qui il gioco gli ha preso la mano, visto che mai come questa volta i suoi personaggi sembrano acclimatati in una riconoscibilità autobiografica abbastanza palese. La verifica empirica non farebbe fatica a recuperare dati oggettivi che potremmo agevolmente rubricare come caratteri dell’autore (fa di tutto per farsi notare, il lettore lo sa): andare in televisione sempre e comunque, imprecare contro i comunisti come se ancora il mondo ne fosse pieno, pretendere il ministero dei beni culturali (anche il mio cane, debbo dire, quando ha visto il signor Bondi, ha avanzato la sua candidatura. Al che gli ho detto, al mio cane, gli ho detto guarda che il signor Bondi scrive poesie. Ha nicchiato, il mio cane. Gliene ho letta una: ah be’, ha concluso ammosciando le orecchie).
Perdonate la lunga parentesi, ma come diceva il compaesano Bonito Oliva, bisogna  mostrare il corpo del critico. Del resto, se i materiali narrativi s’impregnano di sostanza autobiografica, non si vede perché non debba succedere lo stesso con quelli della critica. L’ossessione formalista ha fatto harakiri con i deliri della semiotica, le recensionistica non si distingue dalla reclame, tanto vale immettere sulla scena il travaglio biopsichico e domestico dell’esegeta. Ci si mette la faccia e si risponde in prima persona. Col che, la compenetrazione con l’opera ne guadagna. Si rafforza l’empatia e si crea un rapporto di fiducia con il lettore.  Sempre che l’opera lo meriti.
Nell’occasione, Cairo si divide in tre e si rappresenta nel pieno dei suoi sforzi professionali, prima di raggiungere i risultati mediatici che, sospettiamo, costituiscano ragione unica che lo hanno tenuto in vita. Soprattutto gli esordi vengono raccontati con la trovata di spezzettarli in un corpo triplice in realtà indistinguibile nei suoi singoli segmenti. Cairo racconta come iniziò a sgomitare nel mondo del teatro pretendendo di fare insieme l’attore il regista lo scenografo e qualsiasi altra cosa compresa la cassiera en travestì, e di quando i genitori provarono senza successo a farlo interdire.
Fossimo stati più attenti, avremmo dato loro una mano – se ne sarebbe avvantaggiato l’universo mondo. Tant’è, poiché non smise di sgomitare, Cairo fece una discreta carriera dal teatro alla tv, e – ma questo lo diciamo noi - poiché l’editoria si fida solo delle facce note, soprattutto se di cazzo, qualcuno nell’indotto di Segrate gli propose di scrivere un romanzo. Si maligna che con tutta la buona volontà Cairo non fosse riuscito a superare le dodici pagine, poi un esercito di ghost writers avrebbe concluso l’operina Eccomi, gente, che alla prima uscita sbandierava la fascetta TERZA EDIZIONE, TRENTAMILA COPIE VENDUTE IN UNA SETTIMANA. Lo scandalo della truffa, come i lettori ricorderanno, invece di scandalizzare i benpensanti – poveri rimbambiti – aumentò effettivamente le vendite fino alla scalata in classifica (poiché Cairo veniva da Frosinone, si fece subito il parallelo “Cairo primo in classifica come la sua Lazio”). Ne è passato di tempo da allora, e il nome e la faccia in questione hanno perso parecchio dello smalto originario. Nel romanzo i tre protagonisti prendono brillantemente ognuno una strada diversa. Nella realtà – perdonate la parola desueta -  la sua carriera dopo anni di altalena fra tv, teatro e letteratura, sembra volgere irrimediabilmente al termine. Cairo nasconde i  capelli bianchi con tinte brune e ciuffi rossi che cadono sulla fronte, ma ha dovuto ripiegare su un editore di piccolo cabotaggio. Per chi fosse ancora curioso, il libro è lì, con qualche errore di grammatica di troppo, è vero, ma del resto oggi come oggi gli editori non hanno tempo da perdere, signori miei. L’importante è che si capisca. Fru fru editore, a dispetto del nome, guarda al sodo e scommette sulla forza dei ricordi di questo scrittore attore acrobata dello spirito, un po’ acciaccato, falstaffiano e rubicondo, spompato e mai domo. Il vitalismo, anche quando si è più di là che di qua, non smette di affascinare. Cairo ha fatto della vita uno spettacolo, e dello spettacolo una vita di merda, ma anche questa è solo una sentenza dell’interprete.

Alcofribas

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