27 giu 2010

Il neo-ministro di non si sa che, certo Brancher, già condannato in appello ai tempi di Tangentopoli e poi prescritto grazie alle avventurose leggi del suo padrone (o viceversa?), ha detto "L'Italia perde i Mondiali e se la prende con me..."
Poi dice cha la satira è in crisi.

23 giu 2010

Agorà, il brutto dell’avere ragione.






Ultras come talebani d’epoca – si chiamavano Parabolani, sempre in bilico  come succede non di rado nel Cattolicesimo sul crinale che separa la stupidità dalla protervia, con la Croce bene in vista, in questo polpettone fumettistico, Agorà, diretto dall’incerto Alejandro Amenábar.
La forma-macchietta è in parte necessitata dal soggetto - non Ipazia evidentemente, astronoma, matematica, filosofa “insegnante di strada” interprete del Neo-platonismo, che qui fanno temo un po’ troppo bella (l’attrice è Rachel Weisz) e crucciata fra cerchi ed ellissi come una padrona di casa che non sa come sistemare tavolo e posate per gli ospiti – non lei, ovvio, una delle migliaia di vittime dei tiranni che hanno parlato e legiferato in nome di Dio (qualcuno mi sa dire se conosce una parola più pesante di questa, “Dio”?); la tragica macchietta è quella dei servi di quei tiranni, solerti nel far schizzare sangue altrui sui muri di palazzi che dovevano essere splendidi, di pagani innanzitutto, non disdegnando lo squartamento di budella di opposti servitori del Signore, un altro, va da sé, non meno gravoso, non meno incazzato – questi Dei in versione monoteista avendo in comune un certo animo avvelenato, bisogna dire.
Il film, accampato nel solito rassicurante formato kolossal, illustrativo, kitsch (fatto caso che la parola è in disuso? forse perché è stato sdoganato definitivamente e sottratto al ludibrio dai Baricco, Giordano e Adelphi in caduta libera scambiati per letteratura?) vorrebbe poi farsi prendere sul serio quando ci mostra la fascinosa Ipazia nel corpore vili delle sue speculazioni. E proprio non ce la fa.
Di interessante, volendo, emergerebbe certa psicologia cattolica, anch’essa oggi trascurata dal “dibattito pubblico”: la lezione nietzscheana dell’omino risentito, impotente o mal attrezzato (non soccorre alla bisogna la verifica empirica dell’impazzimento pedofilo di canoniche sparse a ogni latitudine?), intimamente orientato verso una naturale schiavitù più che al libero esercizio del pensiero. Lo schiavo personale della scienziata infatti vede nel Cristianesimo la possibilità di sottrarsi alla sua condizione, ma intimamente resta invischiato in una colluvie di idee e sentimenti torbidi, violentissimi. Che sia inventato, lo schiavo, non è il fallo peggiore dell'a tratti risibile ricostruzione storica.

Epperò di questa coraggiosa figlia di Teone d’Alessandria, con il quale nella leggendaria biblioteca sottrassero l’opera di Euclide all’obio, l’unica matematica di cui si ebbe contezza per un millennio, della quale scrisse Leopardi, che Raffaello volle dipingere nella maschilissima “Scuola di Atene” dei Palazzi Vaticani  sotto le sembianze dell’efebico Francesco Maria della Rovere, nipote di papa Giulio II, per sottrarsi all’ira dei cardinali, dislocandone la figura in una zona più defilata rispetto al progetto originario, di questo personaggio formidabile insomma Amenabar ci offre una versione da fiction televisiva, tanto più pecoreccia quanto più patinata – una plastica digitale tardo hollywoodiana, impregnata di ridicolo sangue di teste mozzate rese vieppiù gratuite dal fatto che i Parabolani quelli veri, aizzati dal Vescovo Cirillo (uno che hanno fatto santo, perché si sa, quanto al peggio, la Chiesa non si fa mai mancare niente) la donna la squartarono viva con conchiglie affilate (o gusci di ostriche, stiamo lì) laddove nel film viene solo soffocata dallo schiavo innamorato e lapidata quando è gia in volo per l’aldilà – non il paradiso evidentemente (fra le tante cose che Madre Chiesa non ci ha ancora spiegato è che cosa succede alle anime sfigate per le quali essa ha chiesto scusa secoli dopo avendo commesso un errore di valutazione in vita: si è fatto in tempo a sottrarle all’Inferno o chi si è visto si è visto?)
Pare che il ritardo nella distribuzione del film sia dovuto ai malumori del Vaticano (stanno sempre neri da quelle parti). Ha ricordato di recente Umberto Eco come durante l’Udienza Generale del 2007 Papa Benedetto XVI abbia fatto “un ritratto a tutto tondo di Cirillo, omettendo proprio l'episodio dell'assassinio di Ipazia raccontato nel film: evidentemente nella Chiesa c'è dell'imbarazzo”.
Eccessivi, come sempre, dalle parti di via della Conciliazione. Zelanti nei momenti sbagliati.
Ma vale la reciproca. Film così ottengono l’effetto contrario a quello  perseguito dal regista che voleva contrapporre la liberà dell’esercizio critico al fondamentalismo dei soliti noti. Un messaggio così ovvio viene mortificato infatti da una scrittura banale, di cui si può facilmente notare il manicheismo, falsificata in ogni suo fotogramma – persino  da una colonna sonora improbabile, data in pasto agli spettatori corrivi che hanno bisogno di Dan Brown per fare i conti con secoli di brutte storie e menzogne.
Per questo scopo basterebbe far girare la notizia che Monsignor Rino Fisichella, vescovo e rettore della Pontificia Università Lateranense, a proposito dell’ostia consacrata ricevuta da Silvio Berlusconi nel corso dei funerali di Raimondo Vianello ha dichiarato: «I divorziati che si sono risposati una seconda volta civilmente non possono accostarsi alla comunione.  Ma con la separazione dalla seconda moglie Berlusconi è tornato ad una situazione, diciamo così, ex ante”.
Fantastico no?
Be’, basterebbe sapere che c’è chi ha definito “sottigliezza dottrinale” questa uscita. Basterebbe invocare un po’ di zelo nei momenti giusti. Basterebbe rimandarli a scuola. Di logica, di pudore.

M


19 giu 2010

José Saramago


Ricordo Saramago linkando questa intervista. La lucidità da una parte, la menzogna delle cosiddette democrazie e delle religioni dall'altra.
http://www.radicali.it/view.php?id=70229

18 giu 2010

Prova Invalsi e... oddio, ancora lui, il Piccolo della sinistra


















In questo documento ("Un sistema di misurazione degli apprendimenti per la valutazione delle scuole: finalità e aspetti metodologici" ) del dicembre scorso, possiamo leggere il senso del progetto:

“A regime, le prove dovranno essere somministrate all’intera popolazione scolastica delle classi di riferimento”; verrà costituito un “ranking provinciale, regionale e nazionale rispetto a tutte le scuole o alle scuole dello stesso tipo, costruito sulla base della media o della mediana dei risultati dei rispettivi studenti”. I risultati alle prove verranno correlati sulla base della “predisposizione di un’Anagrafe Scolastica Nazionale che segua nel tempo tutti gli studenti consentendo di abbinare la loro performance alle caratteristiche delle scuole frequentate e degli insegnanti incontrati, nonché a dati di fonte amministrativa sulle caratteristiche demografiche ed economiche delle loro famiglie”. Ciò permetterà di “disegnare un sistema di incentivazione che premi i singoli operatori della scuola in funzione del conseguimento di obiettivi relativi agli studenti con i quali essi siano entrati direttamente in contatto” e parallelamente di agire su “a) Reclutamento e rimozione dei presidi sulla base della performance ottenuta. b) Reclutamento e rimozione degli insegnanti” fino in casi estremi “all’accorpamento o alla chiusura della scuola”.

Chiaro? 

A parte che con la manovra finanziaria tutto ciò che concerne migliori retribuzioni agli insegnanti va a puttane (come non potrebbe essere diversamente con questo governo), si è impressionati dalla lucida dabbenaggine del progetto stesso - peraltro organizzato in un modo cervellotico e farraginoso -, che pretende (al costo di diversi milioni di euro ogni volta) di individuare standard didattici simili fra una scuola della Milano bene e un barcone di figli di disperati fuggiti da guerre e miseria. Prove uguali per tutti, insomma, e più soldi a quelli che possono vantare "risultati migliori" (per es, un congiuntivo al posto suo e non dove lo mette la signora Gelmini, che però è fuori concorso, avendone già vinto uno a Reggio Calabria come avvocato dopo averlo perso dalle parti sue, che pure hanno goduto negli anni di una sicura crescita del Pil grazie ai trasferimenti da una scuola all'altra (private) della stessa signora Gelmini una volta constatato (sempre la sfortunata signora) che il liceo statale era al di sopra della sua portata).




La manovra, come detto, azzera tutto. In un certo senso, il suo autore, lo stesso guarda caso che comanda l'istruzione, il Tremonti che cercano di far passare per genio e che è solo un nemico dell'umanità e dell'intelligenza aveva previsto e preparato tutto: gli Invalsi diranno quanto somari siano gli insegnanti e l'opinione pubblica troverà che non poterli licenziare è un vero scandalo. 


Infine lui, il grande Piccolo della sinistra piaciona e simpatica e indulgente. Avevo o no ragione di dire che sta sempre in mezzo? Per la prova d'Italiano hanno preso proprio due paginette delle sue - in effetti, elementari. Ne sarà orgoglioso, immagino. Anche d'essere oggetto di domande come questa, forse

Il tema centrale del testo è:
A l’evoluzione nel tempo di un rapporto di amicizia 
B il progressivo allentarsi di un rapporto di amicizia 
C la riflessione su un rapporto d’amicizia ormai finito 
D il rimpianto per un rapporto d’amicizia ormai finito

qui una discussione
http://loredanalipperini.blog.kataweb.it/lipperatura/2010/06/18/lestensione-del-dominio-della-lotta/
in cui peraltro si ricorda la presenza ingombrante nel progetto della compagnia delle opere di comunione e liberazione

16 giu 2010

Il grande Piccolo della sinistra



Francesco Piccolo nel suo piccolo è un interessante esempio di tic culturale – o forse psicologico ma quelli sono fatti suoi. Un certo modo di essere di sinistra che non arriva ancora alle putride sciocchezze di Rondolino (il quale credo non abbia un solo lettore in tutta la penisola essendoci già Vittorio Feltri per quel genere di cose), ma ne condivide il passo, quello di chi ci tiene molto a passare per più intelligente degli altri. Qualcuno deve dargli retta se gli fanno scrivere il cinema italiano - non il Giorgio Diritti de L’uomo che verrà, evidentemente, ma non si può avere tutto dalla vita.
Conchita De Gregorio lo trova abbastanza sapido da lasciargli una rubrichetta su “l’Unità” in cui Piccolo fa mostra della sua bravura che riterrà a effetto e che in effetti ci lascia secchi come davanti a una massima di Chamfort. Questo esemplare meridiano così dotato di esprit de finesse, molto preso dal bisogno di mostrarsi chic ma in scarpe da tennis, che fa le pulci ai vezzi e ai conformismi della sinistra italiana (converrà, non è un’impresa titanica) è stato capace però di scrivere una cosa così didascalica e priva di una sola invenzione come Il Caimano di Moretti, il film più brutto della storia recente del cinema italiano.
Se un paio di volte a settimana uno butta l’occhio sul sito de “l’Unità” trova un bel florilegio dei distinguo di questo maestro della sinistra intelligente. Per esempio, nel pezzullo del 31 maggio Piccolo, che è proprio il più intelligente di tutti, dopo aver scritto che anche lui, ci mancherebbe, è contro il ddl sulle intercettazioni (anche se due mesi prima aveva detto che non bisogna processare i faccendieri in tv – si vede che nel frattempo qualcuno gli ha fatto notare che in tribunale processano solo rumeni e senegalesi)* e dopo aver ammesso che anche lui ne ha “morbosamente” letto alcune, di intercettazioni, in cui si trascrivevano conversazioni intime di nessun rilievo penale, aggiunge che vorrebbe “vivere in un paese in cui (…) i cittadini (come me) non avessero alcuna voglia di leggere fatti privati di nessun interesse pubblico”.
Piccolo insomma è scontento di sé ma ha bisogno di tirarsi nel fango le restanti anime belle della sinistra che si vanno a leggere i resoconti porcelli in camera da letto e poi fanno del moralismo a buon mercato. Il che è un curioso affare: poiché egli stesso dichiara di leggersi le intercettazioni, non v’è ragione di non credergli. E, seguendo il suo ragionamento, avremmo il diritto di fargli una tiratina di orecchi. Non abbiamo prove invece di altri che lo facciano - quindi non si capisce in base a quali fonti il Piccolo possa permettersi di fare del moralismo lui. A meno che il meccanismo, il tic (Scrivere è un tic, è il titolo di un suo libro) sia un altro: Piccolo, affranto dalla constatazione di vivere in un paese di guardoni, vorrebbe però esser visto come una simpatica carogna (altrimenti che artista sarebbe? - “simpatico megalomane” si definisce invece quell’altro genio di Allevi, il pianista riccioluto che non sai se c’è o ci fa); Piccolo è uno che fa ciò che non si dovrebbe fare, e mentre biasima pubblicamente gli altri, si pente di averlo fatto (come il rocker de’ noantri Morgan – il cui genio mi sfugge).
Insomma, Piccolo, scrittore anche in proprio di belle chiavate, ci tiene a non passare per bacchettone, anzi, a esibire una certa malandrina verve da “politicamente scorretto” (che brividi), ma poi ammonisce i lettori a fare di questo paese un “paese diverso”.
Non dovrebbero averle certe voglie, le persone di sinistra, questo è il succo del suo pensiero. E come si fa, Piccolo, come si fa? Ce lo dici? In fondo, ci hai già illuminato altre volte, a noi gente di sinistra, ci hai ammonito, ci hai detto papale papale che siamo uguali a Berlusconi, noi che stimiamo Daniele Luttazzi, che siamo maschilisti anche noi, e anche Luttazzi, va da sé. Ci hai anche detto che invece gli elettori di destra, che tu hai voluto vedere da vicino alla manifestazione di due mesi fa, a Roma, sono migliori del loro capo. Hai scritto che quella gente “Sembrava anche piuttosto imbarazzata da tutta quella violenza che Berlusconi lanciava senza freni e senza qualità. Gente sincera quando cerca qualcosa di buono dalle promesse che le vengono fatte. E soprattutto gente molto migliore, più pacata, meno astiosa e più allegra del presidente del Consiglio e dei suoi amici.”
Cazzo, io Piccolo ci credo che tu scrivi il cinema italiano oggi, tu Piccolo ne hai di fantasia, tu non hai visto le braccia tese dei fascisti, non hai visto gli striscioni affettuosi su Borsellino, non hai visto quelli che alzavano le mani sull’inviato di “Anno zero”. Ma hai visto tutto il resto e cioè che qui in Italia abbiamo Berlusconi e Luttazzi che sono molto simili fra loro, un elettorato di sinistra che fa abbastanza schifo, maschilista e porcellone e forcaiolo com’è, e “la gente” di Berlusconi che è meglio di tutti.
Tu Piccolo te ti debbono fare un monumento, certo quando avrai finito di scrivere il grande cinema italiano di cui parla tutto il mondo.

*Tutto sul sito de l’Unità.


14 giu 2010

La rapina

In tanti, i più, non lo sanno. Non lo hanno capito nemmeno molti fra i direttamente interessati (per non peggiorare l'umore, al momento preferisco non domandarmi il perché, perché sono così supini rispetto alla loro sorte, perché sono incapaci di pensare a qualcosa che sia un po' più in là di dopodomani).
Per chi volesse farsene un'idea, del massacro in atto dalle parti della scuola pubblica, e della pesantissima rapina ai danni degli insegnanti (decine di migliaia di euro a carico di ognuno, altro che blocco degli aumenti) qui si può leggere il drammatico resoconto della situazione curato dall'amico, infaticabile, Giorgio Morale, insegnante e scrittore.

10 giu 2010

Pensare che la cosiddetta sinistra sperava in lui. Pensate come sta messa.


A proposito del Tacchino, molto vezzeggiato perché speculare al vuoto dei suoi fans, Livio si divertiva a vivisezionarne le sortite televisive. Lui il televisore non l’aveva, la considerava un’opzione politica e non costava nessuna fatica, ma appena capitava a casa di qualcuno se poteva lo accendeva e si andava a cercare subito il peggio. Tre volte l’aveva visto, il Tacchino, e tre volte  l’aveva beccato che si allisciava la cravatta. Sempre lo stesso gesto; faceva scorrere la mano destra dal nodo fino alla punta, cui dava immancabilmente un colpettino erettile sventolandola dritta sulla telecamera. Non le perdeva mai di vista, la cravatta e la telecamera. Livio ricordò in classe di quando il Tacchino aveva sostenuto che il coccia pelata era stato il più grande statista del secolo: il giorno dopo, alla richiesta di spiegazioni della solita vocina querula dell’ informazione Rai il Tacchino, abbronzato ma sdegnato per il pletorico clamore, la cravatta all’erta, aveva risposto che “non si trattava di un giudizio storico o politico, ma semplicemente personale”, e la vocina querula non si preoccupò - o non fu in grado di preoccuparsi - di fargli notare che statista e secolo erano appunto vocaboli che rimandavano rispettivamente alla politica e alla storia; che poi il giudizio fosse personale era ovvio in quanto era stato precisamente il suo. 

Basta!

Andate a vedervi questa roba. La cosa si sta ripetendo sempre più spesso. Mettetela assieme al resto, legge bavaglio, massacro della scuola, umiliazione degli insegnanti (per avere un'idea, con il blocco degli scatti di carriera, più grave del mancato rinnovo contrattuale per tre anni, un prof con dieci anni di servizio perderà circa 30.000 euro per il resto dei suoi giorni): non è fascismo, è peggio, perché il manganello lo capivano tutti, qua sono troppi ancora a dormire. Anche a scuola.

8 giu 2010


Domenica la Gabanelli ci ha mostrato questo documentario su e dalla Birmania. Non mancano immagini da storia dell'orrore. Ricordo che Alessandro Piperno, fighetto doc delle patrie lettere, di quel genere di evanescenti con la pochette giusta  e il nulla da dire che piacciono a D'Orrico, scrisse sul Corriere (il quotidiano che nasconde sotto le buone maniere - e nemmeno sempre - la stessa ferocia che Libero e il Giornale esibiscono senza più remore) che era colpito dal modo, mite ed elegante, in cui i monaci protestavano contro il loro governo. Mica come nelle manifestazioni italiane, con tutto quel casino e le grida e i morti ammazzati - vuoi mettere che sublime spettacolo di compostezza quando i morti ammazzati  sono monaci. Naturalmente Piperno questo raffinato pensierino lo aveva partorito nella sua comoda casa borghese fra una tirata di pipa e l'altra. Naturalmente Piperno non è il solo a farti venire il latte alle ginocchia - ieri in piazza a Roma contro il governo c'erano persino Sabrina Ferilli e C. De Sica, ma di scrittori neppure l'ombra. Gli scrittori italiani sono di solito impegnati a farsi le pippe ai festival. Ci tengono al marchio Einaudi e sanno che nessuno vende come Mondadori. Gli scrittori italiani vorrebbero essere Carlo Rossella. Lo sono.



6 giu 2010

Baudelaire e un romanzo che credevo fosse mio



Oggi mi fanno notare che L'onda sulla pellicola non l'ho scritto io, benché me ne sia compiaciuto o doluto per anni, a seconda dell'umore. La fnac, multinazionale sì ma sciovinista come da buona tradizione transalpina, ne assegna la paternità a un signore del quale non dovrebbe essere rimasta nemmeno la polvere e che al difetto di essere non solo parecchio più bravo di me ma di molte spanne più su rispetto ai molti che hanno contribuito alla storia della letteratura, si vede aggiunto quello di aver scritto uno dei romanzi meno venduti della suddetta storia - a mille copie non c'è arrivato. Per uno come il sottoscritto, che da Baudelaire ha tutto da imparare, sono soddisfazioni.


2 giu 2010

 
Una speranza non la si nega a nessuno; ne ho una tutta per me. Mi auguro che non venga in mente a nessuno, fra venti o quarant'anni, di proporci versioni aggiornate della "Grande Storia", quella che 
abbiamo visto per anni su rai 3. Specie quel genere di puntate sui gerarchi fascisti o gli uomini del
fuhrer




                                

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