30 ott 2010

Il romanzo e l'enigma

http://www.paradisodegliorchi.com/cgi-bin/pagina.pl

'Soldati di Salamina' di Javier Cercas

Copertina
Questo libro, che scruta nelle pieghe della guerra civile spagnola, è la storia di Rafael Sanchez Mazas, ideologo della falange e scrittore, e del come e del perché un repubblicano che poteva giustiziarlo, avesse deciso di non farlo. Questo libro è soprattutto storia della sua ricostruzione, di come il narratore, un giornalista e scrittore che porta lo stesso nome dell’autore empirico, attraverso molteplici testimonianze e piste vere e false cerchi di recuperare più al senso che alla mera memoria quell’episodio incredibile. 


E’ un momento di altissima tensione e sagacia descrittiva quello in cui Rafael Sanchez Mazas viene fatto prigioniero insieme ad altri cinquanta sodali dai repubblicani che stanno per soccombere, viene condotto in una radura per essere fucilato, prova a fuggire nel bosco e viene scovato da un soldato repubblicano che dopo averlo fissato per un tempo indescrivibile, decide di risparmiarlo. E’ il momento topico del romanzo, una delle sue pagine più belle e da solo vale il libro. Nel quale Cercas percorre le tracce del soldato repubblicano e cerca di individuare le motivazioni del suo gesto. Inizia così a scrivere un libro intitolato “Soldati di Salamina”, proprio come il libro che Sanchez Mazas aveva vagheggiato di scrivere per narrare la sua avventura. 
Cercas definisce “racconto reale” e non finzione la sua storia; in essa tenta di penetrare nei gangli di una sorte altrimenti inesplicabile. Non mancherebbero elementi ludici, stratificazioni metanarrative informate al dogma dell’interpretazione, che lavorano proprio con la lama affilata che smembra verità e finzione e le scioglie in un enigma non ricomponibile. Ma questo non è un apologo sulla superficie che ha sostituito la profondità, non è una lezione sul gioco degli specchi che moltiplicano la verità per dissolverla liberandoci dalla sua ossessione. Con questo romanzo si dice e ripete per l’ennesima volta quello che la letteratura sa da sempre, ben prima della filosofia, del suo invito a salutare la pretesa di verità come una malattia. La verità fragile che il romanzo ha inseguito nella sua gloriosa storia è anche la sola possibile, quella che fonda il linguaggio alla base dei nostri sentimenti, che non è il sapere delle soluzioni ma delle domande. Dice l’autore in una recente intervista che compito della letteratura è quello di rendere visibile l’invisibile, dare peso a ciò che il mondo ritiene di vedere, ma in fondo non vede. E ricordare chi la storia non ha saputo riconoscere. Lavorare intorno alla Storia e alla Politica, in un romanzo, è un rischio che pochi possono correre. Cercas è uno di questi.
Il grande Bolaño, che il narratore incontra nel corso del libro in cerca di intuizioni suggestioni illuminazioni che lo aiutino a chiarirsi la natura delle cose sulle quali sta lavorando – per dire, una cifra più segreta del falangismo-, espone un punto di vista che egli non sa come accogliere. “Per scrivere romanzi – dice il cileno – non c’è bisogno di immaginazione. Ma soltanto di memoria. I romanzi si scrivono intrecciando ricordi”.
Cercas sembra di accogliere quest’idea senza decidersi a darle torto ma nemmeno ragione. Come sempre, nell’arte, contano solo i risultati, e le poetiche si lasciano agli accademici e agli esperti di marketing. 
Per chi pensa che la letteratura non abbia più niente da dire – e non si capisce perché continui a scrivere – libri come questo sono una iattura. Perché Cercas ridicolizza le pose degli indossatori che invitano dalle pagine culturali di grandi giornali ad abbandonare pretese di grandezza o complessità o profondità. Per chi si accampa nella barbarie l’imbarazzo è un sentimento desueto – l’esorcismo si avvale del corrivo pubblico dei lettori. Ognuno legge (e scrive) quello che merita. 

29 ott 2010

L'ottimo Scanzi sul modestissimo Fazio

La fenomenologia di Fabio Fazio nell'esercizio ermeneutico di Andrea Scanzi non ha goduto della notorietà di quella che l'accademia ha costruito intorno al Mike Bongiorno descritto da Umberto Eco (peraltro vana visto che il presentatore televisivo se n'è andato con gli onori di stato e della semiotica resterà pochissimo).
Eppure, il lavoretto di Scanzi è delizioso (fazio-so davvero il minimo); ora, dopo la scena da baciapile di f.f. al cospetto di Marchionne - uomo non meno pericoloso di Tremonti - Scanzi ha aggiunto una postilla che potete leggere qui http://temi.repubblica.it/micromega-online/fabiofazio-lintervistatore-senza-domande/ (nell'articolo di micromega troverete anche il link al primo pezzo),

19 ott 2010

Carlo D'Amicis




La battuta perfetta
Il romanzo definitivo sul modo in cui la televisione ha costruito gli ultimi cinquant’anni di storia italiana. E’ stato letto così, il libro di Carlo D’Amicis, racconto rapsodico di un narratore quarantenne, Canio Spinato, cinico fan di Forza Italia e persino amico del Cumenda, uomo che la televisione ce l’ha scritta nel sangue praticamente da piccolo, prima che il suo stesso padre grazie al partito diventi un bigotto funzionario Rai, di quelli che la democristiana tv pedagogica degli inizi intendevano esattamente come intendevano la scuola pubblica (fiducia nella probità del sapere purché servile, alfabetizzazione di massa in funzione di una convenzionale e sterile rispettabilità sociale, onorabilità dell’ordine costituito, decoro del comportamento e rispetto formalistico del galateo, etc).

Quando nel profondo sud lucano arriva la tv, negli stessi giorni in cui Pasolini vi sta girando il suo Vangelo e proprio nella casa dei due Spinato, il figlio ragazzino e fescennino ne intuisce subito non solo il portato ludico, ma, visto col senno del poi, il suo destino di “gioiosa macchina da guerra” pronta a fare a pezzi – ridendo e scherzando, va da sé – il concetto stesso di realtà così come gli uomini si sono abituati a pensarlo per secoli. La riduzione della vita a inane e ridicolo show troverà in lui infatti un attivista entusiasta, per inclinazione naturale e precipua convinzione teorica, in opposizione alla funerea, seriosa tristezza paterna (che grava in effetti sul personaggio così pesantemente da rischiare l’iperbole).
Il figlio nasce insomma nel mondo giusto al momento giusto, adattissimo al futuro che verrà e che quelli come lui contribuiscono a modellare: è nato per piacere, lui, e ci riesce benissimo. Sa come far ridere e ne fa uno scopo nella vita – l’unico. Il suo berlusconismo precede la famigerata “discesa in campo”, l’amicizia con l’eponima farsa tragica che la segna, inevitabile. Né stupisce che chiamerà Silvio suo figlio; ma sarà proprio lui la nemesi che gli farà sudare per il resto della vita la ricerca della “battuta perfetta” che lo faccia amare. La pregnanza con la trama del presente è di tutta evidenza – le battute di Spinato sono spesso migliori di quelle oggi in voga, questo va detto.
D’Amicis ha scritto un bel libro. E’ un bravissimo scrittore che mi sembra in potenza un grande scrittore – uno dei migliori in Italia. Il punto decisivo, a mio avviso, sta in una domanda: quanto gli interessa narrare? La sua lingua (capace di passare da un tono all’altro, da un registo all’altro con grande abilità) è così densamente espressiva, così costantemente e mirabilmente tesa verso la determinazione esatta di stati d’animo, condizioni psicologiche etc da raggiungere spesso vertici di definitezza ammirevoli; peccato però che gli prenda la mano, che si acclimati a volte in una “letteratitudine” compiaciuta, così al racconto capita di perdere ritmo o naufragare nel frammento o ancora, più spesso, d’esser tirato via in fretta, passando da un fatto, un momento o un ambiente all’altro per troppo libera associazione – ancorché veritiera nella similitudine, nell’analogia, nella corrispondenza.
Uso termini di scuola, ché mi sembrano indicativi della forza e della debolezza insieme di questo lavoro: l’acribia linguistica è degna a volte della migliore poesia, ma lo sforzo mi sembra pagato dalla tensione narrativa, che a volte viene perduta (basterebbe constatare l’uso eccessivo dell’imperfetto). Inoltre, tende a spiegare troppo spesso ciò che le scene potrebbero limitarsi a mostrare; anche lo splendido dialetto dei dialoghi, a mio avviso, potrebbe fare a meno della traduzione che quasi sempre segue fra parentesi. Quando D’Amicis dà maggiore corpo alle scene e vi si abbandona, vien voglia di applaudirlo, ché sollecita cuore e intelligenza insieme, emoziona, diverte. E vai a rileggerlo. Perché ti dice il presente e il passato prossimo italiani come pochi.



15 ott 2010

Howard Jacobson



Grazie a questo premio http://espresso.repubblica.it/dettaglio/howard-jacobson-chi/2136212 si parla un po' più in Italia di questo  bravissimo scrittore inglese. Ripropongo una mia vecchia lettura di un suo romanzo Kalooki Nights, dal paradiso, come sempre
http://www.paradisodegliorchi.com/cgi-bin/pagina.pl?Tipo=recensione&Chiave=515

13 ott 2010

gli usa, la scuola e superman


Arriva la notizia di un film dagli Stati Uniti, “Aspettando Superman”. E’ un film sulla scuola. Fra l’altro, come ci racconta Federico Rampini su “la Repubblica”, ne emerge che “fra i 30 paesi più sviluppati, gli Usa figurano al 25esimo posto nell'apprendimento scolastico della matematica, al 21esimo nelle scienze. Il 69% dei suoi alunni di terza media non sa leggere e scrivere in modo adeguato. Il 68% è insufficiente in matematica. In California (cioè lo Stato più ricco degli Usa) il 20% dei liceali lascia la scuola senza neppure ottenere il diploma di maturità. La percentuale di abbandono scolastico prima della maturità sale al 26% tra gli ispanici, al 35% fra i neri".
Come pensano di risolvere la faccenda? 
Aspettando Superman. 
Noi, malpensanti, sospettavamo che l’America un tempo tanto vagheggiata nei palazzi del potere italico non fosse quella del MoMA o del Greenwich Village di Albert Ayler. Che quella sopra descritta piacesse molto di più. Difatti vi si sono ispirati, e i risultati si vedono.
Per non dire che Superman noi ce l’abbiamo da un pezzo. 
Fa e disfa. 
Ghe pensi lù.

11 ott 2010

Riccardo Iacona







L’Italia in presadiretta


Riccardo Iacona fa un lavoro raro di questi tempi. Racconta lo sfascio “in diretta” del paese, ma stranamente non sembra inquietare più di tanto i servi del padrone come succede ai pochi altri che lo fanno. Eppure, i suoi racconti sono puntuali, documentati, a volte agghiaccianti – come nello sputtanamento totale del governo nelle vicende di migranti fra la Sicilia e la Libia, oppure nella dovizia di dati e verifiche e dimostrazioni di come la tragedia aquilana sia servita alle cricche poi venduta come “grande operazione del governo”. Ma chissà perché, di solito le sue trasmissioni non scatenano tutto il fragore di contumelie e minacce della cialtronissima corte fascistoide di casa rai.
Aggiungerei che rispetto al passato Iacona ha sottratto un bel po’ di patetico alle sue trasmissioni - era a mio avviso il suo limite. Non a caso qualcuno infatti aveva definito i 
suoi "reportages emotivi": il coinvolgimento diretto dei suoi giornalisti era (ed è) palese. Il punto era (è) salvaguardare la qualità dell’informazione pur dentro un’evidente dimensione narrativa peraltro inevitabile e non snaturarla con un sentimentalismo fuori luogo (montaggio orientato a commuovere più che a far capire, utilizzo di musichette strumentali un po’ piagnone). Oggi il suo lavoro a mio avviso ha raggiunto questo obiettivo, lo sguardo è più lucido, i confronti con gli altri paesi europei, già presenti nelle trasmissioni della Gabanelli, illuminanti.
In questi testi (ed. Chiare Lettere) riveduti e meglio articolati delle sue trasmissioni televisive il dettato è ancora più asciutto. Il libro, che passa attraverso alcuni dei punti nevralgici del cataclisma in atto – l’attacco alla giustizia, le cementificazione brutale, le mafie, la privatizzazione dell’acqua, la dismissione della scuola pubblica - si apre e si chiude passando in rassegna alcune delle mosse grazie alle quali  Berlusconi ha spostato a totale suo vantaggio l’assetto informativo di questi anni. Dal caso dei migranti dalla Libia (in cui la cattiva in-form-azione costruisce l’habitus mentale adatto alla becera propaganda della Lega) alla capillare diffusione di un veleno mortale nel sistema televisivo, la menzogna si è organizzata con una struttura micidiale che ha lasciato pochissimi spazi di libertà; al riguardo, Iacona non la manda a dire e all’omertà di categoria preferisce la denuncia senza peli sulla lingua delle manchevolezze dei colleghi – quelli che Ettore Petrolini avrebbe buttato di sotto dal loggione. Quando dice che “se tutti provassero a fare il mestiere con onestà e professionalità, ci sarebbe ancora una speranza per questo Paese” Iacona può sembrare banale. Eppure, è esattamente quello di cui abbiamo bisogno. Niente di più. A nome di chi non si rassegna, ringraziamolo.www.paradisodegliorchi.com

8 ott 2010

Le invasioni barbariche (cinema)



Regia di Denys Arcand
2002  Canada / Francia


Immaginatevi un uomo che sa di dover morire, e per risparmiarsi atroci sofferenze si fa iniettare una dose letale di eroina e nel frattempo saluta uno a uno i suoi amici e i suoi familiari più cari, comprese le amanti e la moglie: chi potrebbe permettersi una scena così senza rendersi ridicolo?
Be’, il film Le invasioni barbariche, non solo vi riusciva ma a suo tempo, otto anni fa, ci regalò uno dei momenti più emozionanti del cinema dell’epoca, una lezione di civiltà, una roba che era proprio un altro mondo rispetto a quello che già vivevamo e non vuol morire.
Nemmeno il protagonista, uno splendido tipo-Falstaff, vuol saperne di tirare le cuoia. Dotato di un garbo raro come è a volte degli erotomani spiritosi - in una versione meno pecoreccia di quella oggi in voga - , poetico nei suoi sogni di libri e gonne al vento, antitetico rispetto al figlio agente di borsa strepitosamente ricco e cinico secondo lezione in auge dagli anni Ottanta, ma in grado alla fine di iniziare un proprio involontario percorso alla ricerca del senso smarrito nel fortuito incontro con una tossica, colei che incaricherà di fare l’iniezione letale al protagonista. Una morte di struggente dolcezza, un film commovente e insieme molto spiritoso.

Cerca nel blog