5 mag 2011

Habemus papam? No - Ego te absolvo





Non vorrei divagare. Sono un sacerdote, ma è questo il punto. L’inettitudine ad assolvere serenamente le mie funzioni mi si schianta addosso come una croce che temo di non saper sopportare: ecco una sorpresa che ormai non è più tale e non per questo finisce di stupirmi. E di tormentarmi.
Lei mi ha chiesto, scusandosene, se vi furono buone ragioni per cui a suo tempo decisi di prendere i voti. È giunto il momento di risponderLe, sebbene dubiti che si tratterà di una risposta esaustiva.
Vocazione? Non scherziamo. È una faccenda troppo seria per liquidarla con una parola così facile e ambigua. A suo tempo, ho risparmiato l'osservazione ai miei superiori per evitare il pericolo di essere frainteso. La dottrina l'ho accettata senza difficoltà: questo voglio chiarirlo subito. Credo nei sacramenti, per esempio. Ho sempre resistito alla tentazione di varcare le Alpi, se intende la metafora, dottore. Non credo che la volontà umana sia schiava del peccato.
Del resto, l'ho già detto, non sono un intellettuale, né sarò mai un teologo nel senso corretto della parola. Vorrei essere un parroco  modesto, servizievole.  Vorrei non essere sfiorato da un corpo altrui senza dover chiudere gli occhi e nascondere ciò che sento in quei momenti.

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