Una
piccola, sgangherata epica individuale sul traffico di esseri umani vista da
una prospettiva insolita: la coscienza delirante di un personaggio, un passeur, che si vorrebbe ragionevole,
marito e padre incompreso, emigrante ben prima dei migranti, salvatore di vite altrui, e invece è: “nero, saggio molto a modo suo,
completamente allo sbando, un uomo che, malgrado la crescita esperienziale, non
è capace di resistere alla propria anima e, quindi, al proprio destino. Il
racconto di Michele Lupo è una bella, terribile metafora sulla forza cieca e
tragica del carattere”.