8 ago 2015

http://www.lafeltrinelli.it/libri/michele-lupo/l-onda-sulla-pellicola/9788849702026

Per L'onda sulla pellicola

La lingua impiegata da Michele Lupo, riconfermatasi di recente nella raccolta di racconti I fuoriusciti, Stilo, 2010, è proteiforme. Sanguigna, elettrica, sfacciata, colta, espressionistica. Poetica. La lingua ora di un saltimbanco dell’anima, ora di un virtuoso, ora di un consapevole/inconsapevole nipotino dei nipotini di Gadda: ma non di quelli della seconda generazione, dei cannibali, per intenderci, da cui si ribadisce, anzi, una distanza abissale. Un autore che può stare accanto, con gli opportuni adattamenti epocali, come a parenti più prossimi, a Manganelli, a Ceresa, a Ceronetti, ad Arbasino: nei confronti di quest’ultimo si avverte nel libro una sotterranea ammirazione per l’intelligenza acuta, il gusto dissacratorio, la parola colta. Una lingua stratificata, densa, capace di associazioni inusitate e precise, che il lettore consapevole riconosce come irrinunciabili, felicissime, perfette per la cosa rappresentata e per lui, per il suo godimento. In questo senso è possibile invocare, con cautela, la definizione di barocca anche per la lingua di Lupo, perché barocco è il mondo. Lingua e struttura narrativa si soccorrono vicendevolmente: su entrambe vige come un velo una nonchalance, una sprezzatura, una specie di flânerie, che abbandona il campo della fabula, come attratta da un’altra vicenda o il campo di un dato registro, per sondarne un altro.  

Da un'appassionata e argomentata lettura di Lucia Tosi qui https://rebstein.wordpress.com/2011/03/05/londa-sulla-pellicola/

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